Ispezioni anali coi manganelli. Pestaggi di gruppo, anche a persone in carrozzella. Altri sono stati costretti a denudarsi. Addirittura a uno avrebbero urinato addosso dopo averlo massacrato di botte.
Di fronte a questo abominio, scritto nero su bianco nelle 2000 pagine di ordinanza e documentato dal video-choc di “Domani”, un politico minimamente decente chiederebbe verità e giustizia, parlerebbe del reato di tortura, di Stato di diritto, di rispetto dei più elementari diritti umani per chi è in custodia dello Stato.
Lui no.
Lui si precipita a Santa Maria Capua Vetere ad esprimere solidarietà non alle vittime (non sia mai) ma agli agenti di polizia, tutti, senza distinzioni né il minimo discrimine, facendo un danno e un torto immane alla stragrande maggioranza di agenti e servitori dello Stato onesti che svolgono ogni giorno con dignità il proprio lavoro.
Ma, ancora una volta, come sempre, il problema non è nemmeno lui ma i milioni di italiani che si aspettano da un politico il rifiuto di ogni norma di civiltà, la sistematica deumanizzazione dell’altro, la soppressione dei diritti altrui, che siano migranti, omosessuali, detenuti. Almeno fino a quando quei diritti non saranno i loro.
Salvini non è che l’incarnazione dei tempi infami in cui viviamo, quello che gli hanno chiesto di essere, la risposta in felpa e rutto libero alla domanda d’odio che esiste in questo Paese.
Non è lui l’odio, ne è un derivato tossico. E, in quanto tale, è molto ma molto più pericoloso.
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